Ferrari Calling: da Hawthorn a Hamilton, tutti gli inglesi in Rosso

Ferrari Calling: da Hawthorn a Hamilton, tutti gli inglesi in Rosso

Con l'arrivo di Lewis Hamilton la Ferrari scrive un nuovo capitolo nella sua storia con i piloti inglesi.

Quando la Ferrari chiama, non si può che rispondere. Lo sa anche Toto Wolff, che infatti non ha battuto ciglio quando Lewis Hamilton gli ha comunicato che si sarebbe trasferito a Maranello. 

Correre per la Rossa è stato il sogno dei piloti del passato ed è ancora l’ambizione di quelli di oggi. Entrare in Ferrari significa entrare a far parte di qualcosa di più grande di un semplice team. Significa entrare a far parte di un’élite esclusiva, di cui hanno fatto parte alcuni dei più grandi piloti della storia non solo della Formula 1 ma dell’intero automobilismo sportivo. 

C’è però un gruppo ancora più esclusivo dei piloti Ferrari, ovvero quello dei piloti inglesi che hanno corso in Ferrari. Un elenco di appena 10 britannici che hanno avuto l’onore di vestire i colori di Maranello, combattendo spesso contro la propria patria nel nome del Cavallino. Tra questi mancano alcuni grandi nomi che non hanno mai avuto l’occasione di rispondere alla chiamata Ferrari. Stirling Moss, uno dei più grandi piloti della sua epoca, ebbe un incontro con Enzo Ferrari nel 1962 per discutere di un possibile accordo, ma pochi giorni dopo un incidente pose fine alla sua carriera. Anche Jim Clark, il talento più puro della sua generazione, fu a lungo desiderato da Enzo Ferrari. Tuttavia il suo legame con la Lotus e il tragico incidente a Hockenheim nel 1968 impedirono che quel sogno si realizzasse.

A questa lista però ora ne vanno aggiunti due. 

Oliver Bearman e Lewis Hamilton sono gli ultimi due di questa serie, i primi dell’era moderna della Formula 1. Già perché prima di loro, il rapporto tra i piloti britannici e la Ferrari sembrava essersi chiuso con Nigel Mansell ed Eddie Irvine, negli anni ’90.

Oliver Bearman, pilota di riserva della Ferrari, a diciott’anni ha colmato il vuoto lasciato dagli anni 90 anticipando Hamilton e debuttando con la SF-24 nel GP di Jeddah nel 2024 al posto di Carlos Sainz operato di appendicite. Riportando così un britannico al volante della Rossa dopo oltre due decenni. E nel 2025 sarà Lewis Hamilton, con i suoi sette titoli mondiali, a scrivere il prossimo capitolo, con un obiettivo ancora più ambizioso: diventare il pilota più vincente della storia della Formula 1, conquistando l’ottavo mondiale.

Prima di guardare al futuro, però, è tempo di tornare al passato. Ecco i dieci uomini che hanno risposto alla chiamata della Ferrari, tenendo unito questo filo che lega l’Italia e l’Inghilterra dal 1950. 

I piloti Inglesi della Ferrari

La nostra lista in realtà parte da un nome che non ha corso ufficialmente per la Ferrari, ma con una Ferrari. Nei primi anni di vita del Cavallino non era infatti raro vedere piloti comprarsi quel posto e correre con una Ferrari non ufficiale. Tra questi troviamo il pioniere britannico Peter Whitehead, ma anche altri piloti come Reg Parnell, Roy Salvadori.

Nonostante non abbia corso con una Ferrari ufficiale Peter Whitehead fu il primo britannico a mettersi al volante di una Ferrari, non per chiamata ma per iniziativa personale. Convincendo Enzo Ferrari a vendergli una vettura, gareggiò come privato, ottenendo vittorie in gare non valide per il mondiale. Debuttò in Formula 1 al GP di Svizzera del 1950, ma senza qualificarsi.

La sua carriera fu breve e meno incisiva rispetto ai suoi successori. Tuttavia Whitehead aprì la strada al legame tra la Ferrari e i piloti britannici.

Mike Hawthorn: il primo campione britannico

Mike Hawthorn fu il primo inglese a portare la Ferrari al titolo mondiale nel 1958, un anno in cui Maranello sfidava i costruttori britannici e trovò proprio in un britannico l’arma vincente. La sua unica vittoria stagionale, con la 246 Dino, arrivò in Francia. Fu la costanza di risultati però a permettergli di battere Stirling Moss con un solo punto di vantaggio, in un finale epico in Marocco.

Di inglese Hawthorn aveva solo l’aspetto: elegante, con il classico papillon, ma lontano dal tipico comportamento da lord. Amava vivere intensamente, e il suo rapporto con Ferrari fu altalenante, tra arrivi e partenze. Nel 1957 tornò definitivamente a Maranello, dimostrando di essere un giovane capace di affrontare ogni situazione con coraggio e freddezza. Tuttavia, la perdita di amici come Peter Collins lo spinse a ritirarsi dopo il titolo. Morì pochi mesi dopo in un incidente stradale, uno scherzo del destino che chiuse troppo presto il capitolo del primo campione inglese della Ferrari.

mike hawthorn ferrari piloti inglesi
Fonte Foto Ferrari

Peter Collins: il gentiluomo del volante

Peter Collins incarnava la sportività. Nel 1956, a Monza e a Montecarlo, cedette la sua vettura a Juan Manuel Fangio, consentendogli di conquistare punti cruciali per battere Stirling Moss nel mondiale. Era un pilota meticoloso, capace di comprendere la macchina come pochi. “Peter era l’uomo che montava su una macchina e al primo giro sapeva indicare l’esatto regime di coppia massima del motore. Assimilava la macchina”, lo descriveva così Enzo Ferrari.

Collins vinse due GP e, a soli 25 anni, si dimostrò un signore sia in pista che fuori. Nel 1958, dopo essersi sposato in fretta e in furia, vinse il GP di Gran Bretagna, ma al Nürburgring perse la vita nel tentativo di recuperare su Tony Brooks. Una storia la sua, che rimane incompleta, come quella di molti altri. 

Tony Brooks e Cliff Allison

Al termine della stagione del 1958 arrivarono due inglesi a Maranello: uno di questi era Tony Brooks. Dentista e pilota, portò a Maranello uno stile elegante e meticoloso. Nel 1959 ottenne due vittorie, a Reims e al Nürburgring. Tuttavia l’anno si chiuse con difficoltà per la Ferrari, superata dalle nuove Cooper a motore posteriore. Brooks lasciò la Formula 1 poco dopo, scegliendo una vita meno pericolosa e ritirandosi come uno dei piloti più rispettati della sua epoca.

L’altro inglese che arrivò insieme a Brooks fu Cliff Allison che debuttò con un promettente quinto posto a Monza nel 1959, ma deluse le aspettative l’anno seguente. La sua carriera con Ferrari fu stroncata da un incidente nelle prove del GP di Monaco del 1960, che pose fine alla sua esperienza in Formula 1.

John Surtees: il campione dei due mondi

John Surtees arrivò in Ferrari nel 1963, dopo aver conquistato sette titoli mondiali nel motociclismo con la MV Agusta e dopo aver corso con Cooper, Lotus e Lola. Era meticoloso e strategico. Nel 1964 portò a Maranello il sesto titolo mondiale, con una stagione memorabile sulla 158 progettata da Mauro Forghieri. Fu un successo sofferto, con due vittorie e molti piazzamenti, ma bastò per battere Graham Hill e Jim Clark.

Tuttavia nel 1966, dopo una vittoria al GP del Belgio il rapporto con la Ferrari si incrinò per via di una discussione con il direttore sportivo dell’epoca, Eugenio Dragoni. Non gradiva Lorenzo Bandini come leader del team. Conseguentemente Surtees lasciò Maranello e proseguì con Cooper, BRM, Honda, McLaren prima di fondare la propria scuderia nel 1970, senza avere però molta fortuna. 

Fonte Foto Ferrari

Mike Parkes: il pilota su misura

Dopo l’addio di Surtees nel 1966 fu Mike Parkes, ingegnere e collaudatore inglese, ad avere la sua occasione in Formula 1, partendo dai prototipi. Con il suo metro e novanta di statura, Ferrari dovette adattare le monoposto per lui, ma Parkes ripagò la fiducia con un secondo posto a Reims. La sua carriera in F1 si interruppe però nel 1967 dopo un grave incidente a Spa. Tuttavia continuò a contribuire allo sviluppo tecnico delle vetture sportive e rally. 

Jonathan Williams e Derek Bell: i satelliti di Amon

Jonathan Williams e Derek Bell, due promesse brevi della Ferrari, ruotarono attorno alla figura di Chris Amon. Williams corse un solo GP, in Messico nel 1967, mentre Bell ebbe due apparizioni nel 1968. Entrambi trovarono successi altrove, in particolare Bell, che divenne una leggenda dell’endurance vincendo per ben 5 volte la 24 ore di Le Mans.

Nigel Mansell: il leone d’Inghilterra 

Quando Enzo Ferrari puntava un pilota, lo faceva con determinazione e senza riserve. E così accadde con Nigel Mansell, uno dei talenti più puri e spettacolari della sua generazione. Ferrari voleva a tutti i costi il Leone d’Inghilterra, desideroso di affiancarlo a Michele Alboreto per formare una coppia di altissimo livello. Ma Mansell, pur lusingato dall’interesse di Maranello, non poteva abbandonare la Williams, che nel 1986 gli aveva consegnato tra le mani la velocissima FW11 motorizzata Honda.

Quando finalmente arrivò a Maranello, nel 1989, Enzo Ferrari non c’era più, ma il desiderio di vedere Mansell in Rosso si concretizzò ugualmente. Dopo vent’anni, la Ferrari aveva nuovamente un pilota britannico tra le sue fila, e l’accoglienza dei tifosi fu calorosissima. Mansell rispose subito con una vittoria spettacolare al debutto, trionfando nel GP del Brasile. Tuttavia, le sue due stagioni con il Cavallino furono segnate da problemi tecnici e da una macchina spesso inaffidabile.

Nonostante le difficoltà, il Leone d’Inghilterra lasciò un segno con tre vittorie in due anni. La sua avventura a Maranello si concluse nel 1990, ma Mansell non si arrese: tornò in Williams e, nel 1992, coronò il sogno di una vita, diventando campione del mondo.

Eddie Irvine: il vicecampione del ’99

Lo so cosa state pensando: “eh ma Irvine è irlandese, non è mica inglese”. Vero, ma ha corso comunque con licenza britannica, dunque è a tutti gli effetti l’ultimo britannico a rappresentare la Ferrari prima dell’arrivo di Bearman e Hamilton, lasciando un’impronta indelebile nella storia della Scuderia.

Arrivato a Maranello nel 1996 come gregario ideale per Michael Schumacher, Irvine si trovò a giocare un ruolo chiave in un periodo di ricostruzione per il Cavallino. Con il suo carattere spavaldo e una guida solida, divenne rapidamente una pedina fondamentale, contribuendo con la sua sensibilità tecnica a sviluppare le vetture che avrebbero riportato la Ferrari ai vertici della Formula 1.

Il momento di gloria per Irvine arrivò nel 1999, una stagione che si aprì con il botto: la sua prima vittoria in carriera nel GP d’Australia. Quell’anno, però, le sorti del team cambiarono improvvisamente quando Schumacher si infortunò gravemente a Silverstone. Improvvisamente, la responsabilità di guidare la Ferrari nella lotta al titolo mondiale cadde interamente sulle spalle di Eddie. Quello che per molti sarebbe stato un peso insostenibile, per lui si trasformò in una motivazione.

Irvine rispose con maturità e determinazione, conquistando altre tre vittorie — Zeltweg, Hockenheim e Sepang — e mantenendo vive le speranze iridate fino al drammatico epilogo di Suzuka. Nonostante il suo sforzo titanico, la battaglia con Mika Häkkinen si concluse con una sconfitta amara, ma il suo secondo posto nel mondiale piloti, unito al successo della Ferrari nel campionato costruttori, rappresentò un punto di svolta dopo anni di digiuno.

Il 1999 segnò la fine della sua avventura a Maranello, ma Irvine lasciò la Rossa con la consapevolezza di aver dato tutto. Si unì al progetto Jaguar, dove però non riuscì a replicare i successi ottenuti con il Cavallino Rampante. Rimarrà comunque nella memoria dei tifosi come un pilota capace di sfidare le avversità con determinazione, portando la Ferrari a un passo dal titolo mondiale.

Fonte Foto Auto Addicted

20 anni dopo il ritorno degli inglesi con Bearman

Oliver Bearman, per tutti “Ollie”, rappresenta la nuova generazione di talenti britannici in Formula 1, un giovane pilota che ha già lasciato il segno nella storia della Ferrari. Nato a Chelmsford, classe 2005, Bearman si è fatto notare fin da giovanissimo nel karting, per poi scalare rapidamente le gerarchie delle formule minori. Nel 2024, il nome di Bearman è entrato di diritto nell’élite Ferrari quando è stato chiamato a sostituire Carlos Sainz nel GP di Jeddah. Con questa gara, Ollie è diventato il pilota britannico più giovane a guidare una Ferrari in Formula 1. E non si è limitato a partecipare: con una prestazione matura e consistente, ha chiuso al settimo posto, conquistando punti al debutto e dimostrando una calma e un controllo che raramente si vedono in un diciottenne. Quella gara tra l’altro ha segnato il ritorno di un pilota britannico al volante della Rossa dopo oltre due decenni. 

Nonostante la sua sia stata solo una apparizione, la strada ormai è battuta. Nel 2025 Bearman debutterà da pilota ufficiale con la Haas, un’opportunità che gli permetterà di accumulare esperienza e affinare le sue abilità in un ambiente competitivo, per magari tornare a Maranello quando sarà più grande…chissà.

Lewis Hamilton: l’ambizione dell’ottavo titolo

Infine veniamo a Hamilton, che debutterà con la Rossa nel 2025 affrontando la sfida più ambiziosa della sua carriera: diventare il terzo campione del mondo britannico con la Ferrari, dopo Hawthorn e Surtees e conquistare un titolo, l’ottavo, che lo consacrerebbe anche come pilota più vincente nella storia del motorsport. 

Ambizioso è ambizioso, soprattutto perché ormai Lewis ha quasi 40 anni. Tuttavia è pur vero che a questa chiamata Lewis non poteva che rispondere “presente”, accettando il peso della sua eredità, con la promessa di entrare nella leggenda. 

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P.

N.

SCUDERIA E COMPONENTI

GIRI

TEMPO

GAP

INT

GPV

IMPR.

1

11

ARROWS

Bergamaschi - Cappelletti - Durante - Lanzillo

100

NP

-

-

1:03.217

3

2

10

copersucar

Ammirati - Arangio Febbo - Bona - Fittipaldi

100

NP

18.398

18.398

1:03.577

1

3

15

SCUDERIA ITALIA

+ 5" PENALITà

Cecchin - Tomba - Zaranotello

100

NP

53.082

29.684

1:03.905

1

4

8

fondmetal

Ri. Auteri - Ro. Auteri - Zabeo

100

NP

53.298

0.217

1:03.902

1

5

1

eurobrun

Saurin - Scovenna - Vitiello

99

NP

1 giro

-

1:04.187

0

6

9

prost gp

+ 5" PENALITà

PREMIO CREATIVITA'

Falasca - Laurito - Maggio - Ratini

99

NP

1 giro

24.881

1:04.488

1

7

16

super aguri

Bertaia - Bergomi - Curti

98

NP

2 giri

-

1:04.974

4

8

3

toleman

+ 5" PENALITà

Fissolo - Pontello - Rosa - Scarlata

98

NP

2 giri

32.049

1:05.376

0

9

7

coloni

Bernanrdo - G. Carbognin - L. Carbognin - Micheletto

97

NP

3 giri

-

1:04.473

1

10

14

hrt

+ 10" PENALITà

Cappelli - Donatelli - Esposito - Ferrarese

97

NP

3 giri

6.041

1:04.579

3

11

12

hesketh

Michelozzi - Riente D. - Villella

97

NP

3 GIRI

2.209

1:04.759

4

12

6

ANDREA MODA

Bianchi - Corna - Fauceglia - Fasani

97

NP

3 GIRI

1.026

1:04.328

0

13

14

simtek

Cresti - Olivero - Renzi - Signorini

96

NP

4 giri

-

1:05.784

1

14

5

caterham

Budyta - Crescenti - M. Paoli - R. Paoli

95

NP

5 giri

-

1:05.152

5

15

4

forti corse

Facchinello - Martufi - Massa - Visentin

95

NP

5 GIRI

19.854

1:05.490

0

16

2

SPIRIT

Baraldini - Carra - Giovannini

95

NP

5 GIRI

26.605

1:06.376

0

PREQUALIFICHE

QUALIFICATI IN Q1

POS.

SCUDERIA

TEMPO

DIST.

1

copersucar

1:03:872

MIGLIOR TEMPO

2

EUROBRUN

1:04.128

+ 0.314

+ 0.314

3

ARROWS

1:04.666

+ 0.794

+ 0.480

4

FONDMETAL

1:04.701

+ 0.829

+ 0.035

5

SCUDERIA ITALIA

1:04.936

+ 1.064

+ 0.235

6

PROST GP

1:05.170

+ 1.298

+ 0.234

7

TOLEMAN

1:05.574

+ 1.702

+ 0.404

8

HESKETH

1:05.603

+ 1.731

+ 0.029

ESCLUSI

9

CATERHAM

1:05.707

+ 1.835

+ 0.104

10

COLONI

1:05.767

+ 1.895

+ 0.060

11

SUPER AGURI

1:05.888

+ 2.016

+ 0.221

12

ANDREA MODA

1:06.227

+ 2.355

+ 0.473

13

HRT

1:06.700

+ 2.828

+ 0.507

14

SIMTEK

1:06.734

+ 2.862

+ 0.034

15

FORTI CORSE

1:07.225

+ 3.353

+ 0.491

16

SPIRIT

1:07.651

+ 3.779

+ 0.426

QUALIFICHE 1

POS.

SCUDERIA

TEMPO

DIST.

1

COPERSUCAR

1:03.580

MIGLIOR TEMPO

2

SCUDERIA ITALIA

1:04.347

+ 0.767

+ 0.767

3

ARROWS

1:04.616

+ 1.036

+ 0.236

4

FONDMETAL

1:04.673

+ 1.093

+ 0.087

5

PROST

1:04.866

+ 1.288

+ 0.195

6

EUROBRUN

1:04.919

+ 1.339

+ 0.051

7

HESKETH

1:05.219

+ 1.639

+ 0.300

8

TOLEMAN

1:05.276

+ 1.696

+ 0.057

QUALIFICHE 2

POS.

SCUDERIA

TEMPO

DIST.

1

COPERSUCAR

1:04.024

PIE VELOCE

2

SCUDERIA ITALIA

1:04.549

+ 0.525

+ 0.525

3

FONDMETAL

1:04.649

+ 0.652

+ 0.127

4

ARROWS

1:05.021

+ 0.997

+ 0.345